Lettere aperte a don Giovanni e riflessioni sul suo apostolato
Memorie scritte nella notte del 6 settembre 1961
Le righe più belle di questa storia
furono da me bruciate la mattina del 7 giugno 1961 per offrire
un sacrificio al Signore per ottenere la grazia della guarigione
della persona di cui scrivo queste righe.
Erano dei giorni piuttosto caldi (
era il giugno del 1951 ) si presentò un giovane
seminarista al Santuario doveva celebrare la sua Prima Messa. Di
quanto gli interessava personalmente poco ne seppi al di fuori
di alcune relazioni di don M.Raiola che me lo descrisse con
ammirazione per l’eroismo con il quale aveva sopportato la sua
lunga malattia stando immobile per molti e molti mesi.
Il giorni della Prima Messa al
Santuario fu caratterizzato dal ritardo sulla Messa festiva per
cui il Padre Fondatore dovette celebrare quella delle nove
lasciando al sacerdote novello la messa delle 10 e 40 in cui si
benedicevano le nozze di un parente di Monsignor
M.Capano.
Il ricevimento,nonostante che
avessimo preparato per lui la stanza davanti al coro,non
ci fu.. Mi ricordo che salì sopra e ridiscese con alcuni
parenti. Offrii al sacerdote un semplicissimo quadro della
Madonna, allora non ne avevamo di meglio.La visita di questo
sacerdote di questo sacerdote mi entusiasmò subito ed il ricordo
di lui mi seguiva sempre. Molte volte lo ricordavo col
P.Fondatore e fu per me motivo di gioia quando lo potei rivedere
ad un funerale : spiccava su tutta la fila dei preti per la sua
eccezionale altezza.
Dopo alcuni mesi capitò al
Santuario e me lo ricordo seduto alla scrivania, il Padre di
faccia a lui (ed io da una parte) che gli rivolse queste parole
: “Vuoi venire con me ? “ e lui “ a che fare ? “ ed il Padre “ a
lavorare per la Madonna “. Con queste parole iniziava
l’attività di don Giovanni al Santuario. Infatti ,svolte le
relative pratiche con chi doveva,nel mese di maggio del ’52 egli
fu fra noi.
L’entusiasmo del Padre fu molto
grande : nonostante la gioia di don Giovanni per aver
trovato una sistemazione per le sue forze, non l’ho mai visto
uscire dal binario su cui lo guidava la sua intelligenza e la
sua attività.
Cominciò ad occuparsi dei
chierichetti e dell’Azione Cattolica maschile. Quando
l’assistente del Padre Fondatore (padre Crocellà ) lasciò il suo
incarico, si occupò anche di quella femminile.
Negli anni che vanno dal 1952 al
1957 non fece altro che affiancare in tutto,senza mai opporsi,
il P.Fondatore, nonostante che la sua intelligenza gli
facesse vedere che le cose da lui volute non erano
favorevoli allo sviluppo della opera. Per molti anni è stato
nell’ombra curando la formazione della G.F. e lavorando dove non
arrivava l’azione del Padre e non c’era motivo di contradizione.
Proverò a ricordare le varie
attività iniziate e portate a termine in questo periodo
all’ombra del Padre, anche se non sono in ordine cronologico.
1)
Proposta per il riconoscimento giuridico
del Santuario (ottenuto con decreto nella Gazzetta Ufficiale
dell’anno 195…).
2)
Incoronazione della Madonna avvenuta nel
1956. La corona benedetta dal Papa nel 1947 fu completamente
trasformata ed abbellita con varie pietre preziose e
corallo.
3)
Rifacimento dell’asfalto a tutta la
casa perché i vecchi non resistevano più.
4)
Proposta e conferimento della
cittadinanza onoraria di Torre del Greco al P.Fondatore
conferita con voti unanimi nel 1955.
5)
Solenni festeggiamenti per il
sessantesimo di Messa del P.Fondatore con
l’intervento delle massime Autorità,benefattore e molto popolo.
Come ho già detto,fin dal principio,provai una grande ammirazione per questo sacerdote e mi affiancai a lui per la gioia soprattutto di sentire che la Madonna lo aveva scelto a continuare l’opera del Padre.
Solo per questo scopo mi
sentivo molto contenta e serena al suo fianco, ed ero certa, dal
modo come venivo trattata, di essere ricambiata nel mio
giusto sentimento di stima e di affetto fraterno.
Nel novembre del 1956 il Padre si
ammala gravemente. Passiamo giorni e notti al suo capezzale.
Quando il Padre ebbe il primo attacco ero sola e quella notte
per puro caso ero rimasta a dormire al n.2. Durante la notte il
Padre mi chiama: era seduto per terra e con un grande sforzo
riuscii a rialzarlo da sola e metterlo a letto. La mattina
telegrafai a don Giovanni che era a Roma ed il pomeriggio
era già al capezzale del Padre. Una paralisi ( così dissero )
agli arti inferiori l’aveva colpito. Don Giovanni per otto
notti dormi nella sua stanza leggendo dei libri gialli alla luce
di una fioca lampadina,pronto ad alzarsi appena il Padre
chiamava .Molte volte lo chiamò anche otto volte per
notte. Io invero accampata al n.2 dalla finestrella spiavo come
stavano di là. Una notte, dopo tanto vegliare, don Giovanni
aveva preso sonno: sento rumore e corro nella stanza e trovo il
Padre che fidandosi di sé aveva tentato di scendere dal letto :
era conciato come un neonato. Intanto avevo svegliato don
Giovanni e come due bravi figlioli lo rimettemmo a letto. I
giorni che seguirono lasciò a me la cura del Padre ma non
la responsabilità della cura che volle per sé in collaborazione
con il dott.Bandiettieri.
In quella lunga malattia
l’.entusiasmo del Padre per don Giovanni giunse al colmo e lo
elogiò con un articolo speciale nel bollettino dell’aprile
1957(?) pubblicando anche una sua fotografia.
Come ho già detto, ho notato che
don Giovanni anche in mezzo alle più grandi soddisfazioni
procurategli dalle sue iniziative e dalla sua attività, si
è entusiasmato ma non se n’è mai andato di testa. Sa di
avere dei doni di cui è chiamato a rendere conto al
Signore attraverso le sue attività.
Molte volte l’ho sentito ripetere di
essere contento di trovarsi al Santuario, perché aveva trovato
la volontà della Madonna a suo riguardo, e questo l’ha detto
molte volte anche di fronte alle difficoltà che hanno tentato di
abbattere il suo coraggio , “sono sicuro che se vado via di qui
,di mia volontà ,ricado malato “.
Continuando il precedente discorso:
la malattia del Padre durò molti mesi, ma ebbe una certa
miglioria, per cui la carrozzella che
don Giovanni aveva subito acquistato, servì solo per alcuni
servizi molto delicati. Rivedo ancora don Giovanni sdraiato per
terra, con un fazzoletto profumato sulla bocca, lavare e pulire
il Padre, con un affetto che solo un figlio poteva dimostrare
verso il proprio padre.
Come ho detto il Padre era pieno di
ammirazione ,e , nel compilare l’articolo, a cui ho accennato
prima, diceva : “ a questo lo devo lisciare, perché se mi
lascia, come faccio? “ Ho però già detto che ho visto don
Giovanni, sin dal primo giorno,lavorare con serenità e
rettitudine di intenzione senza curarsi della stima e critiche
altrui.
Ma i piani di Dio erano altri. Se ricordo bene, fu in quel periodo che il Padre diede a don Giovanni la delega ad agire e fare in suo nome.
Da allora iniziò quella che si può
definire la RESURREZIONE del Buon Consiglio ed il CALVARIO
che per don Giovanni è stata “ la prova del fuoco “ perché
mi ha messo in evidenza quanto fosse radicato in lui il
sentimento della rettitudine d’intenzione e la retta coscienza .
La casa faceva pena per le
condizioni in cui era.Durante ancora la malattia del padre
Fondatore, don Giovanni aveva ideato ed attuato la costruzione
di una veranda per il bucato che è alla ammirazione dei
visitatori e la soddisfazione delle suore, per la sua struttura
e le sue linee.
Nel frattempo don Giovanni procura
alla Casa dei corsi d’addestramento professionale che insieme al
benessere per la gioventù sono una fonte di vita per la Casa.
Alla veranda segue il rivestimento
della scalinata ed i relativi corridoi in travertino. Qui
la via crucis di don Giovanni si può dire ch’è una delle
stazioni più dolorose…il Padre ha un momento di ….ed inveisce
contro don Giovanni. Non vorrebbe vedere più le sue Opere
progredire …si sente che l’età ed il carattere hanno avuto il
sopravvento su di lui per cui il poveretto giunge al
punto di infamarlo con una lettera circolare all’Autorità
religiose e civili scritta da don
Gerardo e copiata da un suo nipote.
Naturalmente v’è un momento di
titubanza ,non di terrore, per effetto che detta lettera può
avere sui Signori di Curia. Non potei godere neanche
della mia prima gita ad Ischia perché si era sotto l’impressione
del “ che succederà “. Come era da prevedere non
successe nulla e “ il vieni a lavorare per la Madonna “vedevo
che era il movente delle sue azioni più o meno strepitose
perché guidate dalla Mano Divina.
Un episodio farà vedere quanto la
Madonna abbia gradito i sacrifici ed il compatimento
che don Giovanni aveva per il Padre.
Il 24 ottobre 1960 si doveva
inaugurare il nuovo ed attrezzato laboratorio di camiceria : per
lo spirito di contraddizione tutto ciò che segnava un
passo avanti era per il Padre motivo di pena, per cui il giorno
di san Raffaele , mentre tutto era pronto per la
benedizione, il Padre si mette a letto e si rifiuta di
farlo…(don Giovanni comunque aveva un sacerdote per
fare le veci del Padre) non ricordo di averlo visto alterato o
preoccupato per tutto ciò quel giorno. Pochi minuti prima
dell’ora fissata ecco che arriva Monsignor Burin da Nola per
fare gli auguri al Padre. Naturalmente l’onore della
benedizione passa al Vescovo per cui nessuno viene a
capire che cosa era successo, tranne pochi intimi che
conoscevano il lato del Padre.
Al ricordo di tanta bontà della
Madonna mi sento ancora ammirata e commossa , soprattutto
ammirata per la fortezza di animo di don Giovanni e per la
sua fiducia. Quello che caratterizza l’opera di don Giovanni in
questi ultimi anni (specialmente dal 1957) è l’incremento dato
alla vita spirituale del Santuario : Le cerimonie Pasquali
vengono fatte con grandezza e solennità, si fanno il più tardi
possibile per avere più sacerdoti partecipanti e più fedeli ad
assistervi. Sin dal 1957 si fa il mese di maggio
predicato da don Alfonso ,nel 1958 da don Giovanni, nel 1959 da
padre Rocca e nel 1960 da padre Falcone. Si inizia anche la
pratica del primo venerdì del mese in pubblico con ritiro per la
gioventù della casa e Ora di Adorazione quasi sempre predicata
alla sera. Poi si tengono le SS. Quarantore con grande
affluenza di fedeli.
Restaurazione della chiesa che
minacciava di crollare a causa dello schiacciamento per il peso
della sopraelevazione. Gli archi sono stati
rinforzati con dei sottoarchi e le fondamenta scavate per circa
tre metri.
Una delle attività più portentose è
stata la costruzione del terzo piano che ha dato alle orfane la
possibilità di un locale più sano ed ai laboratori di
artigianato e camiceria degli ambienti più vasti.
Anche le scuole hanno avuto la loro
spinta provvidenziale dal lato economico e con l’istituzione di
una sezione di Avviamento Industriale le ragazze possono avere
una cultura adeguata,per cui l’orfanatrofio è ritenuto tra i più
progrediti di Napoli.
Il 2 giugno ,con la morte del Padre
Fondatore, don Giovanni automaticamente si è trovato in
primo piano nello sviluppo delle Opere. L’ombra è
diventata luce o meglio faro.
In principio ebbi un poco
d’incertezza e stetti “sull’attenti“. Quando don Giovanni mi
disse di continuare a scrivere come sempre,capii che il
“vieni a lavorare per la Madonna” si era mutato in “lavora per
la Madonna”.
A distanza di tre mesi dalla
scomparsa del Padre Fondatore,una nuova iniziativa dà il “ via
“a quelle che saranno le imprese di questo nuovo Ercole.
Degna di nota e di sincera
manifestazione di affetto devo dire che furono i funerali del P.
Fondatore, avvenuti domenica 4 giugno con un concorso immenso di
popolo, di benefattori e ammiratori ai quali la notizia era
giunta tramite i giornali il telefono e il telegrafo.
Il 2 luglio don Giovanni fece
celebrare i funerali per il trigesimo. Nulla è stato risparmiato
perché detta cerimonia riuscisse di edificazione per il popolo e
degna della persona che le riceveva. La tumulazione della salma
nel Santuario è stata una delle più eccellenti imprese di don
Giovanni che è stato coadiuvato dal Cardinale, dal Prefetto e
dall’onorevole Mazza.
Otto giorni prima della morte del
Padre fu fatta (come da alcuni anni) la raccolta per il
trasporto degli ammalati a Lourdes .Questo che mi sembrò solo
uno scambio d’idee fra don Giovanni e le sorelle dell’Unitalsi,
ha avuto il suo adempimento domenica 3 settembre e l’inizio
delle sue opere al Buon Consiglio.
Il presidente dell’Unitalsi aveva
fatto stampare un manifesto come solo il cuore di un’entusiasma
per la Madonna e di un sincero amico di don Giovanni poteva
pubblicare e mettere sotto gli occhi di tutti. Poichè, come ho
già accennato, non ho avuto altro scopo che vedere don Giovanni
essere riconosciuto quale era, sono stata molto grata
all’ingegner Nardi che ha messo di pubblico i suoi sentimenti di
ammirazione per lui, cosa che avrà rinsaldato la fiducia in chi
già l’aveva e ridestata in quelli che l’avevano assopita.
La mattina del 3 settembre alle
8,30 iniziarono ad affluire al Santuario gli aderenti
all’Unitalsi ai quali fu distribuito un distintivo con il nome
del Santuario, alle donne un braccialetto ed agli uomini un
portachiavi con l’effige della Madonna del Buon Consiglio. Gli
ammalati più gravi furono prelevati, con auto private, ed appena
giunti ,seduti sulle carrozzelle, accompagnati vicino
all’altare. La chiesa era stata completamente svuotata dai
banchi, per cui le file delle 20 carrozzelle e delle 3 barelle
dava alla chiesa un che di suggestivo e commovente. All’ingresso
tutti gli ammalati hanno ricevuto un libretto di
preghiere. Alle 9 iniziava la Messa celebrata da mons.Capano
allietata dal canto delle bambine. Gli ammalati erano
confessati da don Alfonso che girava tra di loro mentre don
Giovanni commentava la S. Messa per meglio disporre gli
animi alla S.Comunione che tutti ricevettero. Dopo
sia le barelle che le carrozzelle portate dalle sorelle
dell’Unitasi e dai giovani Esploratori furono condotte
nel cortile dell’orfanatrofio dove gli fu offerta la prima
colazione. Agli altri ammalati e presenti la colazione fu
offerta nella sala teatro. A mezzogiorno fu recitata la Supplica
e le preghiere per gli infermi da mons. Capano precedute dal
Rosario a cui parteciparono tutti. Alle 13,30 fu servito il
pranzo. Alle 16 in piazza dov’era stato preparato un
piccolo palco, fu impartita la benedizione degli ammalati.
Il Presidente ha presentato a S.E.
Mons. Binin ciascuno ammalato. Al termine S.E. pronunciò
un discorso elogiando la sofferenza,ricordando Padre Scauda etc.
Con la benedizione di Gesù su tutti gli intervenuti si concluse
questa parte della giornata.
Il quadro della Madonna era stato sceso dal trono e spostato in basso così che ogni ammalato lo potesse vedere da vicino e baciarlo.
Agli ammalati, nel cortile
dell’orfanatrofio,verso le 18 fu offerta una cena a sacco.
Alle 19 con una fiaccolata intorno alla piazza ed al
monumentino della stazione si chiude la giornata che segna la
prima tappa delle manifestazioni che lo spirito di
iniziativa che don Giovanni ha avuto in dono da Dio, metterà in
esecuzione.
In tutta la giornata don Giovanni
,con altri due sacerdoti, stette sempre con gli ammalati
distribuendo a tutti il conforto del suo sorriso e della
sua gioia che traspariva da ogni sua parola ed atto.
Queste righe sono la copia
conforme di uno scritto di una suora Stimmatina che ha
avuto funzione di segretaria prima al Padre Fondatore
Mons.Raffaele Scauda e poi a don Giovanni nei suoi undici
anni di servizio al Santuario del Buon Consiglio in Torre del
Greco.