Lettere aperte a don Giovanni e riflessioni sul suo apostolato

 

Riflessione

Stendere una riflessione – sia pur breve – “in ricordo” di don Giovanni Borrelli, presuppone una consolidata interiorizzazione del fatto che egli non è più tra noi. Una cosa questa per me non facile. E non soltanto perché è sempre difficile accettare la morte di un amico, ma soprattutto perché - almeno ai miei occhi - Giovanni era una persona “sempre presente”. Una sensazione che ti portavi dentro, pur stando lontano.

La sua continua e generosa disponibilità erano un tutt’uno con la sua persona e col suo essere sacerdote. Potevi non vederlo per mesi e – a volte – anche per anni, ma nel momento in cui avevi bisogno di lui, don Giovanni “c’era” … sempre!

Non aveva importanza la gravità o meno del problema, lui comunque – potendo -s’impegnava a risolvertelo. E lo faceva, senza riserve, indipendentemente dalla profondità del rapporto o dalla condivisione o meno delle tue idee e delle tue scelte. Quel suo “dimmi”, col quale iniziava l’ascolto, equivaleva ad un “eccomi” e – pur senza togliere niente alla cortesia del gesto - percepivi che quell’ “eccomi” non era rivolto a te, ma a Qualcuno che - attraverso di te - interpellava la capacità del suo cuore sacerdotale di aprirsi al bisogno dell’altro.

Il suo - prima ancora che un gesto di altruismo - era un atto di fede, pienamente convinto che “tutto è grazia”; una frase che Georges Bernanos – nel suo “Diario di un curato di campagna “ - mette sulle labbra del protagonista morente, e che Giovanni amava ripetere spesso. E di quella “grazia” diventavi – in qualche modo - partecipe attraverso l’immancabile serenità che l’incontro con Giovanni ti lasciava dentro … anche nei momenti più difficili.

La sua era una disponibilità “a tutto tondo”, che si manifestava anche tangibilmente in quel suo venirti incontro sulla soglia e – passando spesso per l’invito a pranzo o a cena – si concludeva col suo riaccompagnarti alla porta, anche quando - come negli ultimi tempi - gli costava fatica alzarsi. E questo indipendentemente dalla tua età o dal tuo stato.

Certo aveva una particolare predilezione per i suoi confratelli sacerdoti – soprattutto se giovani – ma non era una scelta “escludente”. Con lui (e con pochi altri, tra i quali mi piace ricordare il defunto Mons. Luigi Diligenza) è stata recuperata alla Chiesa di Napoli – e non solo - quell’antica figura del “direttore spirituale”, che rischiava di scomparire. Era questo un “servizio” che Giovanni svolgeva con competenza e saggezza e per il quale era molto stimato. E che lui amava molto.

Nell’ultimo nostro incontro – parlandomi della sua progressiva riduzione di forze e di impegni – ebbe a dirmi: “Adesso il mio compito – perché credo sia questo che il Signore vuole da me – è quello di dedicare più tempo alla liturgia delle ore e alla direzione spirituale dei sacerdoti che vengono a chiedermela”. La lode di Dio e l’accompagnamento dei fratelli.

Penso che Giovanni – pur in una dimensione diversa – continui a fare ambedue le cose, pienamente convinto che sarà “sempre presente” - con la sua preghiera d’intercessione - ad aiutare tutti coloro che ha incontrato sulla sua strada e che ha accolto, con generosa disponibilità, nella sua vita e nel suo cuore.

Andrea Scala




Caro Padre Giovanni,

vi scrivo per dirvi GRAZIE: è un elenco lungo, non so se riuscirò a esaurirlo.

Vi ho conosciuto all’età di 20 anni circa, e mi avete poi accompagnato per 30 anni: riusciste subito a leggere nel mio cuore, e a vedervi delle qualità, lì nascoste nel segreto, che mai avrei immaginato di possedere, e che nessun altro mi ha mai più restituito.

Ricordo la grande soggezione che provavo, all’inizio, alla vostra presenza, e come voi ne foste davvero, e sinceramente, contrariato: anzi, arrabbiato.

Mi confessavo regolarmente con voi: era un modo, per me, di fare il “punto” della mia vita..

In quelle occasioni vi manifestavo mille dubbi: pensavo e ripensavo alla mia vita, in un modo contorto, e spesso improduttivo. Voi mi faceste allora osservare che quella era la mia fonte personale- e perversa- di tentazione: da quel momento, non so come, me ne sono liberata, e il mio pensiero è divenuto più lineare.

Arrivò il mio primo fidanzamento, e voi mi invitaste a rileggere le mie azioni dalla prospettiva- anche- della persona alla quale mi stavo legando, e con la quale dovevo imparare, in un senso, a misurarmi.

Nelle vostre omelie, la domenica mattina, ci comunicavate una conoscenza profonda, diretta, personale del Signore, che per voi era- ed è- una certezza: ascoltandovi, mi sembrava, per un attimo, di riuscire a vederLo con i miei occhi perché, sì, in quei momenti era presente “fisicamente” davanti a me.

Amavate la cultura, e la riconoscevate, e la incoraggiavate, negli altri.

Riuscii a realizzare un sogno importante della mia vita, e voi ne gioiste con me, come me, e più di me, con una intensità e una naturalezza che ricorderò per sempre.

Poi mi accadde di fare un torto a me stessa, e lì mi faceste osservare che, offendendo me stessa, avevo offeso il Signore che era in me: non lo dimenticherò.

Ho iniziato a lavorare, e vi ho espresso, più di una volta, la mia desolazione per non sentire sempre condiviso il mio “stile” lavorativo: mi avete ricordato non una, ma molte, molte volte che, quando ci abbiamo riflettuto sopra, ma sentiamo di essere nel giusto, DOBBIAMO andare avanti per la nostra strada, senza aspettarci riconoscimenti particolari, e senza neanche preoccuparci del giudizio altrui.

Questo era una tema a voi particolarmente caro e, non potendo resistere alla sincerità e alla fermezza delle vostre parole, è diventato e rimane- per me- una “bussola”: la mia bussola.

Un po’ più tardi, ho fatto una scelta di vita complessa: quella di crearmi una nuova famiglia, e di unire ad essa un pezzo della mia famiglia d’origine, per motivi di necessità: mi avete appoggiata, aiutandomi a vincere i miei timori personali, così come le avversioni circostanti.

E devo dire che avete avuto ragione, contro tutto e contro tutti, perché ho potuto obbedire alle ragioni del mio cuore, che è complesso, e non si può racchiudere in un’unica formula, ad uso e consumo, magari, degli altri piuttosto che di noi stessi.

Per voi era inconcepibile che io, o chiunque altro, potessimo sottrarci a ciò cui eravamo chiamati: era qualcosa che, per voi, non aveva davvero alcun senso, e che non meritava neanche un minuto di conversazione, o di considerazione.

Infine, di fronte alla mia fragilità, mi avete invitata a prenderne atto e a farmi aiutare, fuori e al di là di ogni mia, personale, sovrastruttura mentale: parole nette, che trovano un senso nella mia vita a medio-lungo termine.

Sì, Padre Giovanni: perché voi non avete mai visto un unico istante della mia esistenza, ma l’avete sempre messa in prospettiva, vedendo sempre oltre ciò che io sono in grado, in ogni istante, di vedere, per me e per gli altri.

E so che l’orizzonte di vita e il respiro che mi avete donato li avete donati, nella stessa identica misura, a tutte le persone- diverse da me- che hanno avuto la fortuna di conoscervi, e che hanno aperto un dialogo coraggioso con voi.

GRAZIE DI CUORE, Padre Giovanni, per ciò che avete fatto per me: che il Signore vi accolga nella comunione gioiosa dei Suoi Santi, e vi permetta di intercedere, oggi e per sempre, per me, per noi che vi amiamo, per tutti

Antonella Ianulardo

P.S.:

Premesso che condivido appieno  le parole di Andrea, vorrei aggiungere, in questo momento, solo un breve pensiero: riguarda  il senso del limite, che Voi mi avete aiutato a comprendere e a trattare.

Il limite è, per ciascuno di noi, un modo di essere come un altro, che va gestito con sapienza e attenzione, senza nasconderlo agli altri e, soprattutto, a noi stessi. E non ci può essere spazio per provare sensi di avvilimento quando lo conosciamo perché, se il Signore ci ha voluto così, ha avuto le Sue buone ragioni, ed è con questa struttura che dovremo misurarci, fiduciosamente e razionalmente, durante tutto il corso della nostra vita.

A questo proposito- e non solo-, se c’è una cosa che davvero Voi non potevate e non potete concepire, questa è il debole uso della ragione nel leggere e trattare le nostre vicende di vita quotidiana.

E io, che di uso debole della ragione sono una maestra, ho dovuto prendere atto del cammino che ho da fare. Non è semplice per me: ogni volta mi contraddico ma, almeno, adesso non ho più una conoscenza mitizzata di me stessa.

Grazie, Padre Giovanni, per avermi liberato dai miei inutili miti.

Continuate a intercedere per noi, ve ne prego, perché possiamo  ricercare sempre la verità, dentro noi stessi , e malgrado noi stessi, in attesa della felicità.

Vi abbraccio


Caro Zio

Mi presento, sono Patrizia la nipote di Giovanni, e solo oggi ho saputo della scomparsa del mio caro Zio. La notizia mi ha creato molto dispiacere perché avrei voluto essere li almeno il giorno del suo funerale. Dico questo perché io abito a Genova e la lontananza ha creato qualche problema nel frequentarci. Ma ciò non toglie che ci telefonavamo spesso. Ancora a Pasqua l'ho sentito per fargli gli auguri e mi ero ripromessa insieme a mio fratello Sandro di andarlo a trovare nel prossimo autunno. Cosa che purtroppo non succederà vista la sua morte inaspettata. Ci è stato sempre molto vicino soprattutto a sua sorella Francesca, cioè la mia mamma , che sfortunatamente è rimasta vedova a 38 anni con me che avevo solo 2 anni e mio fratello che ne aveva 5 e lui è stato l' unica persona che ė stato vicino a mia madre in questo brutto momento della vita aiutandola e consigliandola in modo esemplare sul futuro suo e nostro. È stato lui che mi ha unito in matrimonio, mi ricordo ancora la bella cerimonia nella Chiesa di Carignano a Genova nel lontano 15 maggio del 1982. E nel bel mezzo della cerimonia entrò nella chiesa una colomba bianca e lui mi sorrise. In seguito venne sempre a Genova a battezzare nel 1986 la nascita del mio Francesco e festeggiammo insieme con la mia mamma e ai miei suoceri, tutte persone a me care che purtroppo non ci sono più. E ora anche lui se ne andato e mi ha lasciato un grande vuoto e un bel ricordo perché anche se lo vedevo poco, lui mi capiva al volo e anche se era un prete, mi ha sempre parlato come uomo dandomi sempre ottimi consigli.

Ciao zio Gianni ti voglio bene.